Chi lavora davvero? – Tra intelligenza artificiale e mani che costruiscono

Chi lavora davvero? – Tra intelligenza artificiale e mani che costruiscono

In questi mesi si parla ovunque di AI che scrive, disegna, programma.
C’è chi esulta: “Non serviranno più le persone!”.
E c’è chi teme di sparire: artigiani, educatori, pensatori lenti.

Ma fermiamoci un attimo.

È davvero lavoro, se non c’è una mano che trema, un cuore che sente, un corpo che si stanca?

Il lavoro invisibile delle mani

A Cartaland celebriamo ogni giorno un lavoro che il mercato ha reso invisibile:
quello delle mani che costruiscono, aggiustano, creano.

Non c’è algoritmo che possa conoscere l’odore della colla,
il suono di un cartone che si piega bene,
la gioia di un bambino che si siede su una sedia leggera, fatta da te.

Questo lavoro non è veloce.
Non è perfetto.
Ma è vivo.
È umano.

Il mito dell’efficienza

Nel mondo fuori da Cartaland, si rincorre l’efficienza.
“Farlo meglio, farlo prima, farlo senza errori.”
Ma a forza di togliere l’errore, si perde la possibilità di imparare.
A forza di togliere il corpo, si perde la presenza.

Le mani sbagliano, sì.
Ma sono anche le uniche a sapere che un oggetto è finito solo quando emana qualcosa.

Un’intelligenza artificiale non sente il tempo.
Noi sì.
E questo ci rende preziosi.

Un nuovo patto tra umani

Cartaland non è contro la tecnologia.
Ma vuole ricordare che il progresso deve avere un volto, una voce, un respiro.

Non possiamo delegare tutto ciò che è vivo a una macchina.
Serve ancora chi coltiva, chi insegna guardando negli occhi,
chi costruisce un mobile pensando:
“Qui si siederà qualcuno. E voglio che si senta bene.”

Il lavoro del futuro non è quello senza mani.
È quello che rimette le mani al centro.
Le mani come simbolo di cura, responsabilità, presenza.


A Cartaland, ogni oggetto è una storia.
E ogni storia è scritta da chi lavora davvero.

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